La Sicilia mi ha intenerito il cuore che s'è ammorbidito di commozione e d'amore, d'amore per qualcosa che non si può possedere, e che mai si possederà. Nei luoghi già percorsi quell'isola era divenuta, fin da subito, la casa dei sogni, la terra dove metter radici, dove risanare quelle già esistenti, perché di quella terra che il mio corpo, interamente, è fatto.

La guardavo la mia terra, che poi mia non era affatto, perché nel centro Italia sono nata ed il mio accento ed i miei atteggiamenti tradiscono il luogo dove sono stata concepita e di cui mi sono nutrita per tutta la vita. Eppure solo in Sicilia, osservando le saline di Trapani e la baia di Macari dal monte di Erice, m'è parso di vedere svelati i misteri del mondo: le Egadi sembravano gigantesche ombre alla luce del crepuscolo, ombre destinate all'oscurità nella densità della notte; il monte Cofano che s'affaccia minaccioso sul mare, pareva una montagna d'altri mondi. E tutto guardavo, tentando di catturare con lo sguardo quante più cose potessi, così che niente scappasse ai miei occhi e tutto s'imprimesse per sempre come ricordo lucido, indelebile, vivo. Quel paesaggio m'illuminava l'anima sì, ma pure stendeva un velo di tristezza sul cuore, l'avvolgeva in una stretta soffocante. Tristezza fatta di conchiglie, di corallo, d'acqua marina e di montagne - di montagne soprattutto - sui quali pendii discendono palme di dattero, pini e pietre color dell'ambra e dell'oro, alla luce dell'alba e del tramonto. Viaggiando lungo la costa non te ne accorgi a volte del miracolo che si dispiega silenzioso davanti ai tuoi occhi. Distratti, lasciamo che passi oltre inosservato. Le nostre vite si riducono all'insignificanza quando ci ritroviamo al cospetto del mondo stesso. Lo splendore della divinità non può palesarsi ai nostri occhi senza annientarci: così come Semele non potè sostenere la luce radiosa emanata dal suo amato Giove e ne morì folgorata, noi altri mortali non possiamo osservare la divina bellezza senza che essa non ci schiacci sotto al suo peso. Tutto piange dentro, il cuore si strazia: da dove viene il mondo? di cosa è fatto? Dal monte di Erice ho visto delle cose che non posso spiegare e non le posso neanche ricordare: da lassù, ho seguito i perimetri delle terre arate, ho visto il sole specchiarsi sulle vasche di sale, i fumi dei piccoli focolai assumere il colore del crepuscolo e confondersi con le nubi, la linea dell'orizzonte scomparire ed il mare unirsi al fratello cielo. Sembrava come se la luce irradiasse il mondo per un'ultima volta prima della fine dei tempi.

Non vengo dalla Sicilia ma da lì proviene la mia carne ed il mio sangue. Il sole radioso vuole forse illuderci che l'isola sia luogo felice, ma poi, improvvisamente, è svelata la desolazione profonda di quei luoghi ancora abitati dagli dei furenti. Li ho visti, li ho visti tutti, immortali abbandonati alla dimenticanza: li ho visti nascondersi dietro le pietre scolpite sui pendii delle montagne, fare capolino oltre le mura delle case incompiute, agitare gli esili fusti delle piante incastonate nella roccia, osservarmi oltre le fessure scavate tra gli scogli nelle profondità marine, invitarmi a nuotarci oltre per raggiungere il mare aperto.

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